I cambiamenti fiscali dopo l’elezione di Donald Trump

Come la guerra di Donald Trump agli stati Liberal potrebbe calmierare i prezzi delle case a New York

Quando è stato eletto Donald Trump nessuno a New York avrebbe mai potuto immaginare che il noto costruttore, le cui fortune hanno fondamenta solide nella Grande Mela, potesse prendere delle misure molto negative per il mercato immobiliare della città. Invece Trump ha dimostrato più fedeltà al suo elettorato Repubblicano che non alla sua città e al suo stato che, come la maggior parte degli stati più popolosi e progrediti, è chiaramente di “sinistra” e “anti Trump”.
La proposta di riforma fiscale, infatti, qualora passasse, favorirebbe gli Stati più poveri dove il costo delle abitazioni è più basso e minore la tassazione locale, favorirebbe proprio gli stati di “destra” geograficamente all’interno del Paese che costituiscono la base elettorale di Donald Trump.
Sarebbe invece un grande colpo per le città Democratiche come New York, Los Angeles, San Francisco, Chicago e Boston dove i prezzi delle abitazioni sono più alti e maggiori le tasse imposte dagli Stati ai propri residenti. La riforma fiscale, infatti, se da una parte diminuisce le aliquote federali, dall’altra limita fortemente la deducibilità degli interessi passivi dei mutui e annulla la detraibilità delle tasse locali. Oggi chi investe a New York può dedurre dalla propria denuncia dei redditi le alte tasse locali sugli immobili e tutti gli interessi passivi sui mutui.
Immaginiamo che una coppia di professionisti compri un appartamento da un milione di dollari (80 mq) con l’80% di mutuo. Questo investimento permetterebbe di dedurre dal reddito circa 45.000 dollari di interessi e 10.000 dollari di tasse locali sugli immobili alle aliquote correnti, con un risparmio di circa 20.000 dollari all’anno, che non è poca cosa su un reddito familiare di circa 200.000 dollari. La proposta di riforma fiscale di Trump limita la deducibilità degli interessi a 10.000 dollari annui e non permette alcuna detraibilità delle imposte sugli immobili, quindi la nostra coppia new yorkese potrebbe dedurre solo 10.000 dollari dalla dichiarazione dei redditi invece di 50.000 dollari. La stessa coppia in uno Stato rosso, il colore che negli USA identifica uno Stato Repubblicano, quindi conservatore, avrebbe una casa da 250.000 dollari, interessi passivi pari a 11.000 dollari annui e tasse locali sugli immobili nulle o molto basse. In questo ultimo caso, quindi, la riforma fiscale di Trump non avrebbe sostanziali ricadute negative sulla proprietà di un immobile, mentre avrebbe un effetto deprimente sugli Stati dove i costi delle proprietà sono molto più alti e dove sarà più forte l’impatto della deducibilità dei costi legati alla proprietà sarà, di fatto, limitata.
E’ interessante notare come una politica fiscale di un presidente conservatore volta a favorire l’elettorato di riferimento e le corporations finisca, inaspettatamente, almeno da un punto di vista di politica della casa, col favorire le classi medie più povere su quelle più ricche. Una redistribuzione dei redditi “alla Trump” che assieme all’atteso aumento dei tassi finirà col penalizzare fortemente il valore degli immobili a New York dove ora è il momento di vendere per poi ricomprare tra qualche mese quando i prezzi saranno scesi di un 7-8%.